[img_assist|nid=16115|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]Tre storie. Un unico intreccio. Storia uno: in mezzo al nulla messicano, nella pianura sconfinata ed arida, una roulotte sta bruciando portandosi via le vite di due amnati clandestini che avevano scelto quel posto fuori dal mondo per poter rubare qualche momento di felicità.
La polizia li ritrova carbonizzati, uniti in un solo corpo quasi a suggellare il loro ultimo incontro. Lei è Gina, moglie insoddisfatta, madre amorevole di quattro figli che ha già dovuto lottare per sopravvivere al cancro. Lui è Nick, padre di due figli maschi, anch'egli sposato ma infelice da tempo. Lasciano due famiglie distrutte dal dolore, ora nemiche, in lotta, tra loro e con i sensi di colpa. Storia due: Sylvia, trentenne, di incredibile bellezza, gestisce con successo un rinomato ristorante sul mare di Portland. Ma la sua vita è fosca, piena di ombre, tanto da indurla a farsi del male, passando da una storia di sesso all'altra e segnando di ferite il proprio corpo per chissà quale senso di colpa. Storia tre: si[img_assist|nid=16116|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=360] intrecciano i destini di Maria, una bambina di dodici anni cresciuta da un ragazzo padre dopo che la sua giovane mamma è sparita nel nulla a pochi giorni dalla sua nascita e quello di Mariana, adolescente passionale e ribelle che, in lotta contro i sensi di colpa e contro se stessa per essersi innamorata di Santiago, il figlio dell'amante di sua madre, decide di fuggire con lui e di lasciare per sempre il luogo in cui è cresciuta.Questo per sommi capi è quel che avviene in The Burning Plain – Il confine della solitudine, opera prima dello scrittore e sceneggiatore Guillermo Arriaga, uno che sa bene il fatto suo e che, come accade spesso agli sceneggiatori più bravi ha deciso finalmente di mettersi in prima persona dietro la macchina da presa.
Ed il risultato? Beh, il risultato non è proprio niente male. [img_assist|nid=16117|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=439]Arriaga è uno sceneggiatore che o si ama o si odia: fido collaboratore di Alejandro González Iñárritu, di cui ha sceneggiato Amores Perros, 21 grammi e Babel con questo suo primo lungometraggio presentato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia ripropone si il tema della morte, del dolore, della solitudine ma lo fa in una maniera “sua”, originale, che lo differenzia dal più esimio collega. La regia di Arriaga è in effetti meno nervosa di quella di Iñárritu, forse più piatta, più scolastica ma senza dubbio più pulita. Ciò che non manca è invece il suo modo unico di descrivere i personaggi. Tre figure femminili, Sylvia (Charlize Theron), Gina (Kim Basinger), Mariana (Jennifer Lawrence) descritte in modo fragile e commovente, interpretate meravigliosamente da tre attrici in stato di grazia. Conflitti generazionali, amori contrastati, passioni travolgenti, sensi di colpa brucianti, nascita e morte, passato e presente si intrecciano e spesso viaggiano parallelamente in un film sen'altro godibile, retto da un racconto che coinvolge lo spettatore incollandolo al grande schermo per un'opera prima che va promossa a pieni voti. Un unica perplessità: ma ce la farà mai Arriaga a scrivere qualcosa di diverso? Ai posteri l'ardua sentenza.