Stagione Teatrale 2010-2011
Sabato 19 marzo 2011, ore 21:00
Un ritratto di Maria Callas - La Vergogna
Drammaturgia di Luca Scarlini
Regia Daniela Mattiuzzi
con Patricia Zanco e Chiara D’Ambros
Luci Graziano Pretto
Costumi Romilda Zaccaria
Produzione La Piccionaia – I Carrara TSI – OperaFestival - Bassano in collaborazione con Teatro Stabile del Veneto e fatebenesorelle teatro
Ritratto inedito sulla donna Maria Callas che cerca di ritrovarsi nell'ultimo periodo della sua vita ripercorrendo vicende della sua carriera artistica. Uno sguardo interiore tra le pieghe del suo carattere forte e fragile al tempo stesso. Rivelandosi. Un viaggio nell’infinito bisogno d'amore.
Maria Callas, al termine della carriera, dopo le disavventure della sua contrastata relazione con Onassis che avevano alimentato i rotocalchi di tutto il mondo. La cantante è costretta a rivedere la propria infanzia lontana in Grecia facendo il punto sulla propria vita e sulla propria arte. Come per Eleonora Duse, come per Vaslav Nijinskij, che come lei hanno segnato per sempre l’immaginario del Novecento nelle rispettive discipline riproponendo con violenza il nesso arte-vita, andare in scena era una necessità assoluta e allo stesso tempo una condizione disagevole, spesso non amata. La vergogna della scena su cui tanto insiste la grande attrice tragica al momento della separazione da D’Annunzio risuona nella cronaca di un’esistenza sempre in primo piano, tra scatti rubati dei paparazzi e il disperato bisogno di allontanarsi dallo stereotipo che le è stato costruito addosso. In una intervista sul set con Dacia Maraini la cantante dichiara parlando di sé in terza persona: “la Callas è dolce e non aspra”, accusandosi caso mai di un perfezionismo assoluto e affermando che non riesce più a tollerare l’eccesso di attenzione nei suoi confronti, I pettegolezzi, d’altra parte, sono ancora oggi chiave di lettura del suo operare per molti, che vogliono sovrapporre un comodo personaggio “melodrammatico” a una identità complessa, sempre sospesa tra pulsioni diverse, cercando di esorcizzare una esistenza inquieta in una disciplina feroce di lavoro, che pure non basta a donare quiete.