[img_assist|nid=13490|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]C'è chi, come Afef Jnifen, pensa che film quali Gomorra e Il divo, entrambi vincitori a Cannes, danneggino l'immagine dell'Italia, fornendo ai soliti giornalisti stranieri l'ennesima occasione per divertirsi a parlare male di noi.
In effetti Gomorra, diretto dal regista romano Matteo Garrone, dipinge con estremo realismo uno spaccato del paese sconosciuto anche a molti italiani, ma assolutamente vero e scovolgente: protagonisti del film sono la violenza, l'avidità e il disfarsi delle
relazioni umane all'interno del sistema camorristico. A differenza dell'omonimo best-seller di Roberto Saviano da cui è tratto, il film non si preoccupa di svelare i meccanismi che permettono alla camorra di spadroneggiare nelle alte sfere dell'economia nazionale e internazionale: qui c'è solo Gomorra, la città del peccato.
Seguiamo Pasquale, sarto talentuoso e sfruttato nell'economia[img_assist|nid=13491|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=427] sommersa; Totò, il giovanissimo affiliato a Scampia, che rimane coinvolto nelle guerre tra clan; Ciro, incaricato di distribuire gli "stipendi" ai familiari dei camorristi morti o in carcere; Franco (l'ottimo Toni Servillo), il trafficante di rifiuti pericolosi, con l'apprendista Roberto; e Marco e Ciro, due ragazzini invasati che aspirano a diventare criminali potenti e temuti, entrando in contrasto con i camorristi che controllano la zona. Le scelte stilistiche - ambientazione, musiche, dialoghi in dialetto napoletano con sottotitoli - sono all'insegna della massima autenticità.
Lontanissimo da una mitizzazione della criminalità organizzata, Gomorra ne mostra gli appartenenti in tutta la loro bruttezza fisica e morale; bruttezza che si riflette anche nello squallore e nel cattivo gusto dei luoghi che abitano e frequentano. Allo stesso tempo, si respira nel film un'aria di ineluttabilità, come se la scelta di affiliazione di Totò fosse l'unica possibile; solo un personaggio riesce a sottrarsi alla logica criminale, e pagherà probabilmente un prezzo per questo. Al pari del libro, il film non lascia spazio alle persone, associazioni, istituzioni che combattono la camorra: finge che non esistano. Il Sistema è lì, onnipresente, onnipotente, quasi senza vie di fuga.
[img_assist|nid=13492|title=|desc=|link=none|align=left|width=574|height=640]Il motivo per cui gli italiani, con buona pace dei critici, non dovrebbero vergognarsi di Gomorra ma esserne orgogliosi, è l'eccellenza della produzione. Garrone riesce a trasformare l'obbrobrio umano, architettonico e paesaggistico in bellezza artistica: sono ottimi gli attori, la qualità dei dialoghi, la scelta delle musiche, e la fotografia.
La scena, ad esempio, in cui dei bambini vengono chiamati a guidare dei camion pieni di rifiuti tossici in fondo a una cava, è indimenticabile.
Gomorra è un altro passo nell'avanzata del cinema italiano, che esce dalla palude creativa in cui era caduto, fatta di recitazioni poco credibili, storie sentimentali e ripetitività generale. Fa pensare a un altro ottimo film sulla criminalità organizzata, Romanzo Criminale, di cui è ancora molto più impietoso. Vogliamo più film come Gomorra - e vogliamo
che scuotano le coscienze.