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Hellboy II – The Golden Army

Beatiful Freaks

[img_assist|nid=14097|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]A quattro anni di distanza dal primo capitolo rientra prepotentemente in pista Hellboy, il demone rosso nato come fumetto nel 1993 e adottato da Guillermo Del Toro per il grande schermo.

Lontano dai soliti schemi fantasy, estraneo alla s(t)olida costruzione dei Marvel Movies (lista lunga: Fantastici Quattro, Hulk, Iron Man, etc.etc.), per il film maker di Guadalajara Hellboy è anzitutto immedesimazione, identificazione con il colosso rude ma bonario, guascone eppure sentimentale evocato dai nazisti nel ’44 e salvato da uno scienziato che lo cresce come detective. Lo ritroviamo dove lo avevamo lasciato: al servizio del bureau per il paranormale, accanto all’acquatico Abe Sapien e all’infuocata Liz Sherman, entrambi Beautiful Freaks come lui.

Del Toro nella sua visione personale e autarchica del mondo dei supereroi (alleluja alleluja) ci propone con un incipit fiabesco la creazione stilizzata di un mondo popolato[img_assist|nid=14098|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=479] da cavalieri tenebrosi, leggendari paladini e indistruttibili armate. Un’atmosfera da Signore degli Anelli che si riproporrà e alla quale è bene abituarsi fin da subito, così come è bene abbandonarsi nel minor tempo possibile al mood prettamente demodé dell’autore, per godere appieno delle sue invenzioni visive e narrative.

A riattivare Anung Un Rama (vero nome di Hellboy, per gli amici Red) è la rottura della tregua fra umani e invisibile Regno Fantastico, ad opera dello spietato principe elfo Nuada, in grado di risvegliare la Golden Army (sopito esercito di creature mostruose).

[img_assist|nid=14099|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=427]E Red da che parte sta? A sua volta mostro al servizio degli uomini, il Nostro vive un forte contrasto interiore, agitato e fomentato soprattutto dalla xenofobia della gente, avvezza a rigettare il diverso anche quando viene in pace o in difesa. E’ lo stesso conflitto che scuote l’animo di Batman, in fondo, con la sostanziale differenza che il signor Wayne appartiene “sul serio” alla razza umana. Hellboy II e Il Cavaliere Oscuro (in questi giorni nelle sale) a ben guardare sono due film dagli intenti praticamente speculari: la dimostrazione della mostruosità di tutti gli esseri umani nel caso del cupo e cerebrale Christopher Nolan (artefice anche del precedente Batman Begins), e il suo opposto per quanto riguarda Del Toro.

La profonda umanità del freak, dunque, che a livello di intreccio viene continuamente rimarcata: l’innamoramento di Abe Sapien per Nuala, gemella del cattivo Nuada; la gravidanza di Liz e la prospettiva della paternità per Hellboy; lo strappo alle regole del comandante Johann Kraus, entità ectoplasmica in tuta da palombaro. E il gioco continua, perché tutti gli esseri deformi che appaiono sullo schermo hanno qualcosa di familiare, di tenero e ammaliante. Sarà l’influenza dalla pittura di Bosch, sarà la mistura di computer grafica ed effetti dal vivo (che in un paio di scene d’insieme rimanda con nostalgia al primo Star Wars, datato oramai 1977), sarà il trasporto e l’affetto dei creatori per la creatura. Sarà che forse siamo tutti un po’ mostri, il che ci rende particolarmente umani.

L’importante è non prendersi troppo sul serio, camminare lievi anche sul filo dello sfottò ai totalitarismi tanto caro al regista (vedi Labirinto del Fauno), e mostrare che anche scendendo a patti col cinema mainstream un’indipendenza è possibile. La “firma” di Del Toro nel finale, un frame-stop di chiusura come non se ne vedevano da anni, ci informa che la missione è compiuta.