[img_assist|nid=6292|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]TRENTO - Si è appena conclusa a Trento la 55° edizione del Trento Filmfestival, l’annuale appuntamento per gli appassionati dell’Alpe. Stiamo parlando della più antica e prestigiosa rassegna dedicata al cinema di montagna, ideata nel secondo dopoguerra per volontà di un gruppo di trentini capitanati da Amedeo Costa e seconda per nascita solamente al Festival del Cinema di Venezia.
Anche quest’anno l’appuntamento primaverile si è dilatato nell’arco di due settimane – dal 24 aprile al 6 maggio – durante le quali i quattro schermi delle due principali sale cinematografiche del capoluogo trentino hanno mostrato ininterrottamente i film selezionati per il concorso. Pareti verticali, angoli remoti della terra, ghiacci, deserti, foreste, rocce, tutti teatro di imprese straordinarie dei protagonisti dell’estremo, sono dal 1952 i principali soggetti delle pellicole proiettate, provenienti come sempre da tutto il mondo.
A questi temi si affiancano documentari a sfondo ambientalista, indagini sociologiche, etnografiche e culturali e approfondimenti su temi di grande attualità, come i conflitti in corso sulle zone montuose, nel segno di un allargamento del concetto di montagna oltre i confini dell’alpinismo e dell’impresa puramente sportiva. Sono casi in cui la montagna[img_assist|nid=6293|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=427] fa da sfondo, lo sguardo sulla sua realtà si abbassa alle sue vallate, agli uomini e alle donne che ci vivono e allarga i ristretti confini della nicchia del Bergfilm inteso come racconto di avventure che avvengono ai confini del mondo abitabile, lontano dagli occhi di qualunque possibile spettatore. Sempre più convincente ed elevata la qualità delle proposte, grazie al crescente accostamento di professionisti della regia e del montaggio ai protagonisti delle imprese, che un tempo erano di fatto sempre gli stessi autori delle riprese sul campo. E’ questo il caso di Am limit, il film dei fratelli bavaresi Alexander e Thomas Huber, veri spericolati fuoriclasse dell’arrampicata, che in questa pellicola si muovono sulle straordinari pareti dello Yosemite, in California, cercando di battere il record di velocità nella scalata in cordata, diretti dal regista tedesco Pepe Danquart – il film ha vinto la genziana d’argento per il miglior contributo tecnico-artistico. La genziana d’oro per il miglior film di alpinismo – premio del Club Alpino Italiano, che lo scorso anno non è stato consegnato - è andata ad un altro film spettacolare, diretto questa volta da Peter Mortimer, atleta di boulder – americano, autore di riprese da capogiro sulle pareti rocciose più incredibili di tutto il mondo – First ascent, il titolo del film.
Una giuria internazionale ha presieduto la selezione e la valutazione dei film presentati: dei 280 pervenuti a Trento, 114 sono stati inseriti nel catalogo, 34 dei quali italiani, mentre soltanto 40 sono quelli rimasti in concorso. I giurati Giuseppe Cederna, attore di cinema e teatro e scrittore, Mick Csáky, regista e produttore anglo-ungherese (era su Himalaya, premiato nel 2001), Heidi Gronauer, direttrice della scuola di documentario di Bolzano ZeLIG, Monica Schmiedt, produttrice e vincitrice del festival nel 2005 con Estremo Sul, presieduti da Alessandro Gogna, grande alpinista e fondatore di Mountain Wilderness, hanno assegnato i principali premi, che consistono in tre genziane d’oro e tre genziane d’argento. Il vincitore del festival è un film italiano ambientato tra le montagne in guerra del Kurdistan, dove l’autore-regista – Stafano Savona, palermitano - ha seguito i guerriglieri curdi – ragazzi e ragazze – lungo i sentieri tra le montagne di quel martoriato lembo di terra che è alla ricerca dell’indipendenza dalla Turchia. Una scelta coraggiosa, quella della giuria, che ha sollevato in sede di conferenza stampa qualche critica in senso politico-ideologico, a dire il vero debole e fine a se stessa: i giurati hanno infatti giustamente motivato la scelta rilevando che dopo l’11 settembre il mondo è cambiato e non si può non tenerne conto anche in un festival del cinema di montagna. Lo stesso Augusto Golin, un tempo direttore artistico, oggi primo filtro di selezione della rosa dei film, ha aggiunto: Il fatto che l’80% delle guerre attualmente in corso ha luogo in cornici montuose non è certo un dato trascurabile. Da rilevare che il precedente più illustre di un film italiano non strettamente di montagna che abbia vinto il Festival risale al 1961, con il film Banditi ad Orgosolo di Vittorio De Seta.
Questa scelta riflette dunque l’intento di allargare sempre di più il concetto di “montagna” e di sondarne tutti i possibili significati ad essa associati. In questo senso anche la brillante conduzione di Maurizio Nichetti, da tre anni alla direzione artistica del festival, ha contribuito a svecchiare e alleggerire tutto il programma di presentazione. Eh già, perché a Trento non si va solo al cinema. C’è tutto un corollario di iniziative di supporto che vanno dalla presentazione di libri e autori, alle mostre a tema – dedicate a esponenti dell’alpinismo storico – e agli incontri con i protagonisti. Quest’anno due serate hanno calamitato l’attenzione degli appassionati all’Auditorium Santa Chiara: California dreaming, con i protagonisti americani ed europei della arrampicata sulle precipitose pareti della Yosemite Valley, che uno ad uno sono saliti sul palco a presentare imprese dagli anni Cinquanta ad oggi decisamente mozzafiato.
E la serata di Chris Bonington, grande esponente dell’alpinismo britannico del secondo dopoguerra, autore di importanti scalate in Europa – come la parete Nord dell’Eiger – e in Himalaya, il quale con cinico humour ha offerto lo spaccato della sua vita di arrampicatore in I choose to climb. Una platea attenta e partecipe ha accolto le storie verticali di questi fuoriclasse, veri e propri miti viventi che destano ammirazione e stupore coinvolgendo inevitabilmente gli spettatori che almeno in parte si immedesimano e palpitano durante i loro racconti “sospesi”.
Chiuso il Festival di Trento non chiude però il suo effetto boomerang. Da questo momento anzi ha inizio la promozione e diffusione nei circuiti del Club Alpino Italiano – come consuetudine – e non solo. I film del festival verranno portati nelle sale cinematografiche milanesi grazie all’Associazione Altri Spazi e in autunno una selezione tra tutti i film presentati andrà anche a Belluno nell’ambito di Oltre le vette, altro appuntamento dedicato alla montagna.
I vincitori
Genziane d’oro. Il Gran Premio Città di Trento va a Primavera in Kurdistan di Stefano Savona (Italia): eccellente fotografia e montaggio…guarda senza ideologia e con occhi profondi e leggeri nell’animo di giovani guerriglieri curdi. Il Premio città di Bolzano alla produzione svedese-danese The prize of pole: storia di sfruttamento dei sei eschimesi trasportati a Brooklin nel 1887 come pezzi da museo. Premio del CAI all’americano First Ascent, di Peter Mortimer, dedicato al gruppo di free climber che hanno salito le più spettacolari pareti di tutto il mondo.
Genziane d’argento. Miglior contributo tecnico artistico: Am Limit, di Pepe Danquart, Germania, ambientato in Yosemite, ha per protagonisti i fratelli Huber e le loro cronoscalate estreme. Miglior produzione televisiva: Loop, di Sjiur Paulsen, Norvegia, esempi di vite dedicate agli sports estremi.. Miglior cortometraggio: Firn, di Alex Koetzen, Germania, dramma psicologico tra padre e figlio ambientato tra i ghiacciai austriaci. Premio speciale della giuria a L’ultimo dei carbonai, di Andrea Fenoglio: storia di un lavoro antico e di un mondo in via di estinzione.
Altri premi e riconoscimenti collaterali sono andati – ne ricordiamo qui tre dei dieci assegnati - a Madeinusa della spagnola Claudia Llosa (Premio Lancia del pubblico), Cerro Torre, ritmo latino en la cara oeste dell’argentino Ramiro Calvo (Premio del pubblico Alp&Ism), Swept away, a drift between Alaska and Siberia del belga Filip De Rycke (Premio speciale NatGeoAdventure).