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La Caccia di Luigi Lo Cascio: intenzioni ottime, risultato mediocre

Sipario

[img_assist|nid=12550|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]UDINE – CSS – Teatro Contatto propone una sua nuova produzione liberamente ispirata al Le Baccanti di Euripide, con un protagonista d’eccezione come Luigi Lo Cascio, già più volte qui a Udine (l’anno scorso con il bellissimo e claustrofobico La Tana da Kafka).

La trama in breve: il sovrano di Tebe, Penteo, decide di cacciare Dioniso dalla città, ma il dio lo punisce conducendolo alla disfatta, attraverso l’annebbiamento delle facoltà mentali.

Palamostre esaurito, come c’era da immaginarsi, per uno dei volti più conosciuti del panorama attoriale italiano, che con i suoi ruoli cinematografici si sta facendo apprezzare come attore eclettico e dalle grandissime virtù recitative[img_assist|nid=12551|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=428] (ricordiamo il magnifico esordio con I cento passi di Giordana nel 2000 e la Coppa Volpi a Venezia con Luce dei miei occhi di Piccioni, nel 2001).

Prima nazionale assoluta per un lavoro che ha richiesto una condivisione artistica totale di circa un anno: Con il CSS ho trovato un aiuto e un grande sostegno, in un perfetto equilibrio tra la presenza produttiva e il lasciar fare. […] è un’estrapolazione del testo originario, la scelta di una argomento, quello della caccia, con la metafora che vi è inclusa, cioè il ribaltamento di prospettive tra il cacciatore e la preda. Ho voluto raccontare il tutto dalla parte di un solo personaggio, per non incappare nello schierarsi con l’uno o con l’altro, per vivere i conflitti interiori di un’unica persona. È uno spettacolo corale, una collaborazione di artisti con i quali ho già lavorato ne “La tana”; è uno studio di precisione tecnica e di presentazione dell’immagine… per esempio i gessetti usati dal prof-bambino riportano ai rapporti primordiali, mentre le proiezioni sono visioni interiori del personaggio. Ho scelto come tema quello della caccia perché lascia un senso di forte smarrimento e perché ha notevoli spunti d’attualità, anche se non è stato pensato con l’intento di metterli in evidenza in partenza; non volevo uno spettacolo a tesi, ma uno spettacolo ambiguo in cui non si sa con chi schierarsi. La caccia rappresenta anche l’attrazione che proviamo per la preda, la seduzione che emana. Perché prendere spunto da un classico e non fare uno spettacolo d’attualità ex novo? Che bisogno c’è di andare a teatro se esso ci serve, tal quale, il quotidiano? Il Mito mostra, stimola e parla dell’oggi senza bisogno di doverlo attualizzare con forzature. La[img_assist|nid=12552|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=428] contemporaneità del Mito nasce dal passato che si rigenera nel presente; non devo attualizzare le Baccanti, parlano da sole, benissimo, dell’oggi; anzi, il mito parla per sottrazione, facendoci sapere qualcosa in meno per spingerci alla riflessione (Luigi Lo Cascio).

Lo Cascio è un personaggio colto, raffinato, estremamente affascinante sia sul palco che fuori; è un piacere sentirlo parlare e descrivere, con partecipazione pressoché totale, una passione che ha portato, non senza difficoltà, a creare uno spettacolo di cui è interprete e regista.

Togliendo però le sue qualità interpretative, doti che peraltro si palesano in tutti gli ambiti, dobbiamo mostrare alcune perplessità sulle sue capacità di autore, in quanto le intenzioni espresse non corrispondo ai risultati del progetto, entrando in palese contraddizione.

La Caccia proposta in teatro da Lo Cascio è uno spettacolo ibrido e incerto, ricco di intromissioni attualizzanti che si manifestano in siparietti pseudo-pubblicitari ironici, ma totalmente inutili e stonati, estranei al contesto; la forza di un testo cupo, angosciante, foderato di dilemmi esistenziali sull’uomo e le influenze (interne/esterne) che ne modellano i caratteri, scema per demerito di questi sketches inutili (sembrano inseriti quali spot per rimarcare la scarsa attenzione/competenza del pubblico moderno, che apprezza e si nutre -televisivamente- solo della parte superficiale/sciocca del discorso).

Altro appunto va fatto sulla caratterizzazione, ormai mediaticamente abusata, del dittatore nell’esecuzione del suo discorso-manifesto: rimandi al Mussolini di turno per rappresentare il tiranno se ne sono già visti fin troppi. Peccato, perché gli spunti sono tanti (confronto con l’estraneo, repulsione/innamoramento, confronto divino/umano, …) e scene-disegni di Alice Mangano e Nicola Console sono totalmente appropriati alla trama, creando effetti visivi deformati/deformanti perfettamente in linea con le (poche) luci e le (tante) ombre del testo.

Indigesto, frammentario e sicuramente migliorabile.

 

Foto di Marianne Boutrit. Ogni riproduzione vietata