PORDENONE – E’ uno degli interrogativi centrali del nostro tempo, che affannosamente ruota intorno alle Borse, allo spread e all’economia internazionale: A che cosa serve la finanza? Si dice, con leggerezza, che tutte le crisi prima o poi finiscono – salvo ammettere in seguito, con altrettanta leggerezza, che ve ne saranno sempre di nuove. Ma le crisi non sono affatto un inevitabile effetto collaterale della finanza.
Piuttosto, sono la prova di un difetto costitutivo dell’attuale configurazione della finanza di mercato. Ma è pensabile un’altra finanza? A questo, e a molti altre questioni divenute ormai ineludibili ha cercato di rispondere il saggio firmato a quattro mani dagli economisti Luca Fantacci e Massimo Amato, Fine della finanza, divenuto in questi mesi un testo-cult, tanto che l’editore Donzelli manda ora in libreria l’ulteriore ristampa dell’edizione 2009. A che cosa serve la finanza? è dunque il tema del secondo appuntamento del ciclo Un’economia giusta, organizzato dall’IRSE in occasione dei 40 anni dalla fondazione dell’ente, per il coordinamento di Chiara Mio, docente di economia aziendale e consigliere Irse.
Venerdì 24 febbraio, alle 17.30 a Casa Zanussi (ingresso libero) è in programma l’incontro pubblico con Luca Fantacci: Che cosa è entrato in crisi? Verrebbe subito da chiedergli. Non semplicemente un insieme di strumenti, probabilmente, ma un’intera concezione della finanza. Le stesse innovazioni che ieri promettevano a tutti, attraverso un crescente indebitamento, benefici indiscriminati, sono diventate improvvisamente causa di sofferenze e di perdite altrettanto indiscriminate. In ogni caso, è il portato di una finanza che manca sistematicamente il proprio fine. Ma il fine della finanza coincide con la fine, ossia con il pagamento a tempo debito e la chiusura dei conti fra debitori e creditori. Luca Fantacci, docente di scenari economici internazionali e di storia delle crisi finanziarie all’Università Bocconi, è autore di una monografia sulla storia della moneta e del pensiero del denaro:
La moneta. Storia di un’istituzione mancata (Marsilio 2005). Studioso del pensiero di Keynes, ne ha curato recentemente due raccolte di scritti: Risparmio e investimento (Donzelli 2010) e Eutopia. Proposte per una moneta internazionale (et al. edizioni 2011). Ha scritto, assieme a Massimo Amato, un saggio sulla crisi in corso: Fine della finanza (Donzelli 2009). Si dedica alla promozione di sistemi di finanza alternativa, anche attraverso il blog www.linkiesta.it/blogs/altra-finanza. Da dove viene la crisi? Non da una frenesia di novità e di profitto degli ultimi decenni, sostengono Fantacci e Amato nel saggio Fine della finanza, ma da una lunga serie di decisioni, più o meno consapevoli. Ripercorrendo a ritroso la storia finanziaria dell’Occidente moderno, il libro rintraccia le radici di un sistema che ha fatto del credito e della moneta una merce, per poter finanziare indiscriminatamente la pace e la guerra. Come uscire dalla crisi? Non accontentandosi di palliativi, capaci solo di preparare ulteriori e più gravi crisi, ma impegnandosi in una riforma del sistema monetario e creditizio fondata su un pensiero adeguato. Ripensare la finanza significa, oggi, imparare a distinguere ciò che troppo spesso è confuso: moneta e credito, moneta e merce, economia di mercato e capitalismo. E riaprire il dibattito sui principi e sui fini implicati da un rapporto sano fra economia e finanza, di cui si sente sempre più drammaticamente l’esigenza.
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