Chi studia, lavora, ma anche semplicemente s’interessa dell’universo cinematografico, non può non conoscere due tra i più importanti critici italiani: Paolo Mereghetti e Morando Morandini. Autori dei due dizionari dei film più consultati e apprezzati, bibbie di genere per gli appassionati, ci consegnano puntualmente le loro linee guida per districarci tra la giungla delle produzioni che entrano nei circuiti delle sale e dell’home video.
Firme autorevoli di prestigiose testate nazionali (“Corriere della Sera”, “Il Giorno”, “Ciak” e molte altre), si sono confidati con noi e ci hanno regalato alcune riflessioni che vale la pena leggere. Un confronto a distanza sulle stesse domande, tra due diverse generazioni che s’incontrano però nello stesso ambito: l’amore per la settima arte.
Connessomagazine.it: - Quando è nata la sua passione per il cinema? C’è qualche film a cui la possiamo ricondurre?
Paolo Mereghetti: - Vado al cinema da quando ero molto piccolo. Alle elementari frequentavo l’oratorio della mia città e la domenica proiettavano dei film che cercavo di non perdere mai: mi ricordo una proiezione di King Kong (di M. C. Cooper e E. B. Schoedsack, Usa 1933, ndr.) che mi ha impressionato. Poi, con l’indipendenza, tutte le sere in estate mi piaceva andare al cinema. Mi sono accorto che volevo occuparmene da critico alla fine del liceo, attorno ai 17-18 anni, quando ho capito che il cinema, oltre ad essere bello, mi apriva gli occhi sul mondo (era verso il 1968).
Morando Morandini: - La mia passione per il cinema posso farla risalire a quando avevo dodici anni e cominciai a ritagliare e incollare su un quaderno le recensioni di Filippo Sacchi sul “Corriere della Sera”. Negli anni ’50, dopo sette anni di giornalismo generico ed eclettico, quando cominciai a fare il critico sul quotidiano milanese “La Notte”, lo conobbi e ne divenni amico. Dopo la sua morte, diventai amico delle sue figlie e, da pochi anni, delle sue nipoti. La considero una delle cose più belle che mi sono capitate nella vita!
Connessomagazine.it: - Cinema e scuola: perché il cinema, visto l’importanza che ha anche nella comprensione del mondo, non viene inserito nei programmi delle scuole?
Paolo Mereghetti: - Non dovrebbe chiederlo a me, ma alla gente che se ne occupa… Io sono convinto che l’unica strada per riportare il pubblico al cinema è quella di insegnare il cinema da giovani; non per riconoscere certi meccanismi teorici, ma per fargli conoscere che non esiste solo il cinema che va per la maggiore, che il cinema è un universo multiforme, variegato. Adesso sembra che esista solo quello da multiplex!
Morando Morandini: - Sono più di trent’anni che sento parlare dell’opportunità di insegnare il linguaggio audiovisivo nelle scuole. Non si è mai fatto niente se si tolgono le università, anche se ormai le cattedre di cinema son fin troppe come troppo numerose le università. La quantità va a scapito della qualità. Bisogna confidare nell’impegno di singoli insegnanti delle scuole medie, una piccola minoranza.
Connessomagazine.it: - A proposito del suo dizionario, come le è venuta l’idea?
Paolo Mereghetti: - E’ nata molto semplicemente, vedendo che all’estero esistevano dei manuali di questo tipo. Poi l’esplosione delle televisioni private, alla fine degli anni ’80, ha portato ad una grandissima diffusione del cinema, quindi ho pensato che una roba del genere potesse essere uno strumento utile da tenere a portata di mano per sapere se valeva la pena sprecare due ore davanti alla tv o no…
Morando Morandini: - L’idea venne ad un amico che all’inizio degli anni ’90 lavorava in un gruppo editoriale milanese. Mi propose un contratto. La spinta ad accettarlo venne da mia moglie Laura. Il contratto non fu rispettato. Qualche anno dopo sopravvenne la Zanichelli: non potevamo avere un’alternativa migliore. Nella primavera del 1998 lascia “Il Giorno” e da quotidianista com’ero passai a fare l’annalista; la prima edizione fu quella del 1999. Comunque il dizionario è innanzitutto una guida per me stesso visto che ho poca memoria (e durante l’intervista lo consulta spesso, ndr.).
Connessomagazine.it: - In quest’opera lei si avvale del contributo di altre persone; si è mai trovato in completo disaccordo con qualcuno? Come si comporta in tal caso?
Paolo Mereghetti: - Lavoro con tre o quattro persone con cui condividiamo le stesse idee di cinema, ma succede che siamo in disaccordo. In questo caso rivedo le schede e le rifaccio io perché il dizionario porta il mio nome e quindi è giusto che mi ci metta in gioco in prima persona! Morando Morandini: - Il nostro è un dizionario di famiglia. Lavorare con i congiunti comporta rischi, ma li abbiamo ridotti al minimo. Come ci dividiamo il lavoro? Ricorro ad una metafora marinaresca: io sono lo scafo, mia figlia Luisa è lo skipper e mia moglie Laura il vento che soffia nelle vele. Se ne è andata nel 2003 e il suo vento ci manca. Fu lei a organizzare, anno anno, l’archivio delle mie recensioni e quello del settimanale “Telesette” su cui collaboriamo da un quarto di secolo. Sono le basi del nostro dizionario.
Connessomagazine.it: - Lei e la politica nel cinema: le è mai capitato di stroncare qualcuno perché prevenuto nei suoi confronti?
Paolo Mereghetti: - Con gli anni ho imparato ad andare con le molle sul contenuto ideologico di un film; in passato, quando ero giovane, ho scritto delle cose che adesso non condividerei. Se possibile, cerco sempre di mettere in luce i modi con cui un film racconta le proprie idee. Penso che nel cinema sia fondamentale rispettare l’intelligenza e l’autonomia dello spettatore; il cinema è un mezzo “pericoloso”, può anche condizionarti involontariamente: ad esempio mettere in scena la violenza su un bambino può essere più o meno ricattatorio. Allora bisogna chiedersi: che senso ha? In che modo viene raccontata? Ecco che cerco di pensare anche ad una morale delle riprese cinematografiche
Morando Morandini: - Spero di no. Bisogna intendersi sul termine “prevenuto”. Certo che sono prevenuto in senso artistico: esistono registi incapaci, discreti, buoni, grandi. Ma non dimentico mai che un film è sempre, in modi diversi, il frutto di un lavoro collettivo. Passo per un critico di sinistra, ma mi sforzo di cogliere, quando ci sono, i valori in un film di un autore di cui non condivido le idee.
Connessomagazine.it: - Si è mai inimicato qualcuno per le critiche?
Paolo Mereghetti: - Sì, certo, ho anche ricevuto lettere di insulti. Il “difetto” del dizionario è che resta; magari sui giornali escono anche stroncature molto più cattive delle mie, ma il giorno dopo vengono dimenticate. Comunque pazienza, è il gioco delle parti…
Morando Morandini: - Spero di sì! Per più di mezzo secolo ho fatto il critico di quotidiano, anche di qualche settimanale: che critico sarei se non mi fossi inimicato qualcuno? Ho anche un conto da regolare con un regista/attore che molti anni fa al telefono mi insultò pesantemente. Esistono anche gli incapaci vigliacchi. Ma non l’ho mai incontrato per dirgli in pubblico quel che penso di lui: frequentiamo ambienti diversi. Fui anche querelato due volte: la prima perché avevo sconsigliato Scipione detto anche l’Africano (di L. Magni, Ita 1971, nda), la seconda, nel 1997, dalla McDonald’s perché in una recensione del film Consigli per gli acquisti di S. Baldoni, Ita 1997, ndr.) scrissi […] nello squallore rutilante di un McDonald’s […]. La notizia non è mai stata pubblicata, hanno messo tutto sotto silenzio perché avrebbero fatto una brutta figura! Insomma, ho avuto anch’io i miei guai con la giustizia (sorride, nda). Comunque, col tempo ho imparato una cosa: è bene, si può parlare dell’opera, ma non bisogna entrare nei dettagli delle persone!
Connessomagazine.it: - Ha mai stroncato un film per poi rivalutarlo completamente?
Paolo Mereghetti: - Come no! Solo gli stupidi non cambiano idea, diceva quel tale… quando abbiamo cominciato a fare il dizionario (fine anni ’80) è chiaro che non abbiamo potuto rivedere tutti i film, sarebbe stato folle. Allora abbiamo lavorato molto con la memoria e con giudizi formulati anni prima, poi pian piano (e questa è una delle qualità da sottolineare nel dizionario), grazie alla diffusione dei dvd, ai festival, alle rassegne, cerchiamo di rivederli e verificare se quel giudizio lo condividiamo ancora. Un esempio può essere La vita agra (di C. Lizzani, Italia 1964, ndr.) che quando è uscito non è piaciuto a nessuno, infatti nelle prime edizioni del mio volume ha un giudizio piuttosto negativo; poi, rivisto, mi sono accorto che è un grande film, lungimirante, capace di capire gli anni in cui si muoveva (gli anni del boom, la corsa al successo).
Morando Morandini: - Mai capitato per una stroncatura, ma più volte ho cambiato idea su un film sottovalutato. Chi non sbaglia mai tra i critici? Specialmente dai festival quando si vedono troppi film insieme. Anche i critici hanno una fisiologia: si può andare al cinema stanchi, col mal di denti o di malumore per un litigio. E poi si cambia: mi succede di rileggere quel che ho scritto anni prima e di trovarlo insoddisfacente. Col passare degli anni si dovrebbe migliorare, no? Cambiano tempi, modi di pensare e cambiano anche i film, sapete? Solo i poveretti rimangono uguali a se stessi. Poi i film si dividono in quelli che anticipano i tempi e non vengono capiti, quelli che arrivano al momento giusto e osservano ciò che accade (e di solito sono i più sopravvalutati), quelli in anticipo (sottovalutai) e quelli che arrivano tardi (ma non è detto che dicano cose scontate).
Connessomagazine.it: - Mostra del cinema di Venezia, Festa del Cinema di Roma… e poi Berlino, Cannes per indicare solo i principali; cosa pensa dei Festival e qual è il loro ruolo oggi?
Paolo Mereghetti: - A questa domanda non è facile rispondere. Una volta erano uno strumento per far conoscere delle cinematografie o degli autori che difficilmente avrebbero incrociato lo spettatore comune. Quando, negli anni ’50, Venezia ha iniziato a mostrare e premiare i vari S. Guitry, A. Kurosawa, K. Mizoguchi, S. Ray, quelle cinematografie erano veramente degli ufo e un festival le faceva vedere; così come certe retrospettive del Festival di Venezia che sono rimaste nella storia. Adesso i festival devono piegarsi agli interessi della gente, al bisogno di costruire un evento per trovare spazio nei mezzi di comunicazione; soprattutto adesso che i film iniziano ad arrivare da tutto il mondo, ci si chiede che senso abbiano i Festival. È una questione aperta… l’ultima Mostra di Venezia, una buona edizione, ha attirato l’attenzione su film che forse non l’avrebbero avuta (ad esempio il film cinese che ha vinto Still life di Jia Z hang-Ke e quello di J. M. Straub e D. Hulliet Quei loro incontri); è chiaro che The Black Dahlia e Il diavolo veste Prada non avevano bisogno del Festival, ma è il Festival che ha avuto bisogno di loro, di Meryl Streep, etc… sono discorsi molto complessi!
Morando Morandini: - Ma… io ormai non vado ai festival da qualche anno, ad eccezione della Mostra di Venezia (dove vado per incontrare gli amici che vi si riuniscono e per dovere di dizionario) e delle Giornate del cinema muto a Pordenone e Sacile (per scoprire film o riscoprirli nelle edizioni restaurate; anche se quest’anno ho avuto dei problemi di salute e il dottore mi ha intimato di starmene a casa!). Mi sono un po’ stufato… Troppa mondanità… e poi è contro natura, secondo me, dover andare alle proiezioni per la stampa a orari assurdi come, ad esempio, le otto e mezza del mattino! Vedere tre-quattro film al giorno è assurdo e massacrante. Cosa resta nella memoria dopo?
Connessomagazine.it: - Rivoluzione digitale del cinema e ridefinizione del ruolo del critico…
Paolo Mereghetti: il prodotto cinema oggi sta cambiando sotto i nostri occhi. Ci sono due, tre, quattro versioni di ogni opera (con i dvd) e la fruizione non avviene solo nella sala buia come una volta, ma attraverso tv, cellulari, supporti di svariata natura. Per non parlare delle rivoluzioni a livello produttivo e dell’esercizio; l’utilizzo delle macchine ad alta definizione e delle pellicole non tradizionali sta cambiando l’estetica del cinema. Lo stesso potrebbe avvenire per la proiezione e la conservazione. Siamo in mezzo ad una rivoluzione, un cambiamento drastico, ed è ancora presto per capire se sia un bene o un male; è chiaro però che un critico non può limitarsi a guardare un prodotto e giudicarlo, ma deve capirne anche i rapporti che ha con la storia, la tecnica, l’esercizio, la produzione.
Morando Morandini: appartengo all’ultima generazione – quella nata quando il cinema ancora non parlava- di cinecritici in senso stretto. Ovviamente mi sono abituato a vedere i film in casa, am, nonostante i progressi tecnici, faccio un po’ di fatica. Il digitale? Per ora aiuta i cineasti indipendenti, dunque poveri, a dimezzare i costi delle riprese. Sul piano espressivo bisogna aspettare, sperare nel futuro. Futuro prossimo, mi auguro!
Connessomagazine.it: - Un giudizio sulla televisione generalista di oggi…
Paolo Mereghetti: - Confesso che la vedo pochissimo e la uso prevalentemente come archivio cinematografico: quando ogni tanto passano dei film che mi interessano li vedo. Non ho mai guardato una puntata intera di un reality, cerco proprio di evitarli, non m’interessano per niente! Non mi piace poi che la diffusione così massiccia delle fiction imponga un canone estetico che viene seguito anche al cinema; si rischia di far passare un’unica idea di cinema, costruito come una fiction: chiaro, lineare, che richiede poca attenzione, prevedibile, con una qualità estetica piuttosto scolastica.
Morando Morandini: - Molti anni fa scrissi che lo specifico della televisione è il peggio. Era una battuta, ma quel che è successo in Italia negli ultimi vent’anni mi ha dato ragione. E la rovina è stata il passaggio dalla RAI alle televisioni commerciali; Berlusconi ha rovinato tutto.
Connessomagazine.it: - Un consiglio che aiuti il potenziale spettatore a scegliere un bel film da andare a vedere…
Paolo Mereghetti: - Oh…, questo, al buio, non lo so. La questione non è avere degli strumenti per decidere prima i film da andare a vedere, ma piuttosto la capacità di dialogare con lo schermo e quindi capire se quello è un cinema che vuole impormi qualcosa, vendermi un’idea, un personaggio, un prodotto o se si rivolge alla mia intelligenza e chiede di essere messo in gioco.
Morando Morandini: - Io consiglio di scegliere un critico di fiducia e di seguirlo. Capire, cioè, se in generale parla bene o male del film (leggendolo in fretta per non farsi condizionare troppo dalla sua opinione), vedere quel film e poi confrontarsi con i suoi giudizi. Se alla fine non è d’accordo non importa; anche i critici possono essere criticati, no?
Connessomagazine.it: - Un film o autore che ha scoperto recentemente e che si sente di consigliare…
Paolo Mereghetti: - Il cinema italiano degli anni ’50. Penso sia uno dei periodi più ricchi e meno conosciuti della storia del cinema italiano. E’ morto poco tempo fa Giuseppe Bennati che è un regista assolutamente da studiare e il suo Labbra rosse (Italia 1960, ndr.) è un grande film. Un altro regista di cui mi occupo è Antonio Leonviola, un regista molto curioso…
Morando Morandini: - Tanti, troppi. Per esempio da anni sono in servizio attivo attrici e attori di prim’ordine. Tra gli autori posso elencare: Crialese, Amelio, Belloccio, Tornatore, Sorrentino, Moretti. Senza dimenticare gli ultimi documentari di G. Bertolucci, De Seta, Turco, Vicari.