Si tratta forse dell'opera più nota, sicuramente la più rappresentata, del drammaturgo elisabettiano John Ford (1584 - 1640 circa) nell’edizione curata da Luca De Fusco con la bella e ficcante traduzione di Enrico Groppali come ha scritto Maria Grazia De Gregori nella sua recensione dopo l’applaudito debutto dello spettacolo due mesi fa: «una sacra e, al tempo stesso, blasfema rappresentazione il cui composto svolgersi – sono sempre parole della Gregori – viene rotto, sconciato con violenza dall’incalzare impietoso degli avvenimenti. La scenografia di Antonio Fiorentino esalta e movimenta, nella riproposizione della scena elisabettiana a due piani, l’andamento a scatti, ora ricco di movimento ora legato a una drammatica fissità che sono – conclude il critico – i due estremi ai quali riconduce questo spettacolo».
Peccato che sia una sgualdrina (scritta intorno al 1630) è un dramma a forti tinte, una tragedia dove alla fine muoiono quasi tutti di morte violenta in una catarsi che assomiglia molto a un’ecatombe. Ma soprattutto è una grande storia d’amore.
La vicenda si svolge a Parma: Annabella, affascinante fanciulla[img_assist|nid=15650|title=|desc=|link=none|align=right|width=427|height=640] della buona società, destinata dal padre ad andare in sposa al nobile Soranzo, è legata da una folle, travolgente passione al fratello Giovanni. La storia, nelle sue linee generali, ricorda molto l’impossibile, fatale amore di Romeo e Giulietta ma qui, anziché la lotta tra due famiglie rivali, l’ostacolo è l’incesto che non ammette soluzioni. La passione tra i due giovani – travolgente, drammatica, ineludibile – fa sì che l’incesto si consumi e Annabella rimanga incinta. A questo punto le analogie con la tragedia shakespeariana continuano con l’entrata in scena di due personaggi: il frate e la “balia” (qui governante dei due fratelli) che, unici a essere informati dei fatti, giocano entrambi un ruolo determinante nello svolgersi dell’azione. La poesia del testo (che fondamentalmente è la poesia dell’amore giovane, impetuoso e sconsiderato) conferisce al drammone di Ford grande e profonda umanità. In questo modo una sorta di aurea isola i due protagonisti dalla grettezza del contesto sociale a cui viene contrapposta la sostanziale purezza della loro passione.
Gaia Aprea, attrice che il pubblico veronese ha avuto modo di conoscere e di applaudire, sia nel Grande Teatro sia durante il Festival shakespeariano al Teatro Romano, è la bella e infelice protagonista, mentre Stefano Scandaletti, una “new entry” assoluta, è Giovanni. In scena anche un attore che proprio a Verona, con la regia di Maurizio Scaparro, ha avuto il suo debutto nei panni di Romeo: Max Malatesta, qui nelle vesti di Soranzo. Accanto a loro altri nomi noti al pubblico scaligero: da Alvia Reale (Ippolita) a Enzo Turrin (Vasques), da Anita Bartolucci (Putana) a Piergiorgio Fasolo (il cardinale).
Il grande Teatro
Dal 16 al 21 dicembre 2008, ore 20:45
domenica 21 dicembre, solo alle ore 16:00
Teatro Nuovo - P.zza Viviani, 10 - VERONA
Peccato che sia una sgualdrina
di John Ford
con Gaia Aprea, Anita Bartolucci, Giovanna di Rauso, Piergiorgio Fasolo, Max Malatesta, Stefano Scandaletti, Paolo Serra, Enzo Turrin
regia di Luca De Fusco