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PFM canta De André ad Aquileia: il carrozzone di Franz

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[img_assist|nid=8341|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]Aquileia (UD) - Iniziamo dalla fine: al termine del concerto tenuto dalla Premiata Forneria Marconi del 24 luglio ad Aquileia usciva dagli altoparlanti la melodia di Summer of ’68, canzone dei Pink Floyd che aveva come tema proprio il periodo in cui il gruppo lombardo muoveva i primi passi nell’ambiente musicale.
Si chiamavano I Quelli e collaboravano come session men per, tra gli altri, Mina, Battisti e Fabrizio De André; proprio con quest’ultimo si cementò anni dopo l’unione, con tanto di tournee e relativi dischi (due) che la immortalarono. Per questo motivo era abbastanza credibile il tributo dedicato dalla band di Mussida e Di Cioccio a De André sullo sfondo della basilica ed in ricordo dei vecchi tempi, anche se Faber ha lasciato questo mondo ed il fattore P (Pagani, Piazza, Premoli) ha abbandonato da tempo la Premiata Forneria Marconi.
La grande intro di Bocca di Rosa che ha iniziato il concerto ha tolto comunque ogni dubbio: il cantautore genovese ebbe molto giovamento all’epoca dall’incontro con questi grandi strumentisti, capaci di arricchire al meglio le sue canzoni che in originale presentavano grandi testi ma scarse intuizioni musicali, generando in tal modo un connubio perfetto. La[img_assist|nid=8342|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=427] classe di Mussida, l’energia di Franz Di Cioccio (diviso tra canto e batteria), aiutati dal violino di Lucio Fabbri e dal basso di Patrick Djivas, da anni in organico, hanno riportato la lancetta del tempo indietro di qualche decennio, spandendo nella fredda notte estiva le immortali note di Un Giudice, La canzone di Marinella, Giugno ’73.
Bello e riuscito è stato quindi il rivestimento sonoro delle canzoni, distante anni luce da qualsiasi “progetto” musicale che si è cimentato con questo repertorio. Molto meno convincente è stata invece la voce di Franz Di Cioccio, più a suo agio nella giga mediterranea di Volta La Carta e nelle cadenze movimentate Zirichiltaggia, che nei brani più rarefatti. Per chi scrive il canto di Franco Mussida si è dimostrato più adatto al repertorio di Faber, anche se se è stata principalmente la sua chitarra a distillare brividi, in particolare nella intensissima Amico Fragile, in cui il gruppo ha dimostrato una perizia e coesione che sono merce rara in questi tempi. Il passaggio da Fabrizio De Andrè a Pete Sinfield (paroliere di King Crimson, ELP) ha caratterizzato la seconda parte del concerto, in cui il gruppo ha ripercorso la sua storia, partendo appunto da due brani “tradotti” in inglese dal poeta del progressive, River Of Life da Photos Of Ghosts e Out On The Roundabout da Chocolate Kings, con stacchi ed atmosfere che hanno esaltato la chitarra stile Re Cremisi di Mussida, intensa ed evocativa come tre decenni fa e con quel moog (suonato da Gianluca Tagliavini) che fu tratto distintivo di quegli anni settanta. La lingua italiana è tornata protagonista in La Luna Nuova, da L’Isola Di Niente, sorta di mini suite con cambi ritmo molto vintage. Di Cioccio è stato in questa parte del concerto un vero maestro di cerimonie, dividendo la batteria con Pietro Monterisi e saltando come un ventenne durante tutta la performance. È stato bello vedere tanto entusiasmo dopo anni di militanza musicale, ma abbiamo avuto a tratti l’impressione che il batterista si adattasse ad un cliché derivante più dal mestiere che dal cuore. Questo fatto si è evidenziato nel bis in cui sono state riproposte Impressioni Di Settembre ed E’Festa/ Celebration in maniera scialba (la prima) e scontata (la seconda).
Tanto valeva a questo punto rischiare altri classici (Il Banchetto, La Carrozza Di Hans) o cambiare gli arrangiamenti: la PFM ha dimostrato, rispetto ad altri gruppi coevi, una notevole vitalità, perché allora sprecarla allora così banalmente?