Egli, infatti, preso atto del disfacimento dell’antica potenza e insensibile alle suppliche di sua moglie, che tenta di risollevare il suo orgoglio per l’ultima e onorevole resistenza, è un uomo che non vuole più corrispondere alle aspettative e alle richieste di dominio dei Romani: un pazzo che alleva galline, un burattino apparentemente rimbambito, disprezzato da tutti per la sua debolezza nel comando. In realtà, la maschera del pazzo è solo una simulazione e serve ad esprimere il suo rifiuto; Romolo vuole il declino del mondo nel quale vive perché non crede più negli ideali di tale mondo e non vede che il loro rovescio e i crimini con i quali essi vengono favoriti (R. Guicciardini).
Romolo vuole la distruzione del suo Impero non perché lo odia, ma perché ne è innamorato e capisce quanto sia marcio e anacronistico, vissuto e basato sulle lotte, le violenze e le depravazioni della conquista e non su ciò che lo rendeva veramente grande, cioè l’arte e la cultura. Il suo progetto, messo in pratica con una (apparentemente) dissennata organizzazione del comando e una[img_assist|nid=11232|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=384] (apparentemente) folle vita casalinga, è quello di distruggere quello che fu un grandioso impero dall’interno e dall’alto della sua posizione, per farlo rinascere ex-novo.
Due ore di spettacolo intelligente e dai nobili intenti, che nel primo atto trova qualche difficoltà nel cercare un equilibrio tra grottesco e satira, disperdendo la vena di irrisione e critica del testo e dimostrando alla lunga una certa stanchezza nel ritmo, per un risultato raramente divertente.
Molto meglio il secondo atto, dove si aggiunge alla struttura un tocco drammatico che dona spessore e garantisce una sferzata di energia fresca a tutta la pièce.
Bravi gli interpreti (M. Rigillo – Romolo, A. T. Rossini – Giulia, sua moglie, N. D’Eramo – Cesare Rupf), ma la regia di R. Guicciardini è parsa un po’ troppo approssimativa e ripetitiva, mentre il testo merita di essere approfondito meglio/diversamente nella sua interessantissima componente pacifista e anti-istituzionalista, oltreché per la sua vena irridente.