Prendendo le mosse proprio da questi presupposti, e col desiderio di “scuotere la sua povera patria”, visto che “delle cose veramente ridicole nella società o negl’individui è ben raro trovar chi ne rida”, Leopardi scrisse una raccolta di dialoghi e prose: le Operette morali.
Una raccolta che può riservare notevoli sorprese: è vero che gli argomenti trattati, in sé e per sé, sono seri, ma sono svolti quasi sempre in tono, appunto, “ridicolo”. Basti dire che vi s’incontrano personaggi piacevoli come i folletti, gli gnomi, i maghi, le mummie, e poi la Terra, la Luna, il Sole…
Ciò che fa stupire di più, comunque, è l’incredibile modernità del pensiero, e la lucida critica alla società contemporanea, senza contare la deliziosa, sottile ironia, che a volte diventa vero e proprio umorismo, o si addensa in schietta comicità, secondo un intento preciso e dichiarato: «Ne’ miei dialoghi io cercherò di portar la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, gli assurdi della politica, la somma delle cose, della società, della civiltà presente, le infamie non degli uomini ma dell’uomo. E credo che le armi del ridicolo, massime in questo ridicolissimo e freddissimo tempo, potranno giovare più di quelle della passione, dell’eloquenza, e anche di quelle del ragionamento». E tutto questo è, naturalmente, colato in un italiano squisito (degno del «più grande prosatore del secolo», come disse Nietzsche), soffuso di incantevoli suggestioni poetiche.
Le Operette morali, quindi, sono nate come piccole commedie: amare, sì, anche ciniche, ma commedie. E allora perché non portarle in teatro?
È quanto ha pensato Corrado Travan, autore e regista di questo lavoro della compagnia L’Argante. Ha selezionato alcuni passi fra i più efficaci e godibili, “cucendoli” attraverso la musica di Shostakovich, eseguita al pianoforte dal vivo, e brevi e garbati intermezzi che incornicino le perle di questo piccolo scrigno leopardiano.
Nell’interpretazione, Travan ha chiesto ai suoi attori di tenere presente la chiave semicomica voluta dall’autore, e anche la sua tensione di denuncia sociale e civile. Di fondere tutto in una sorta di “capriccio”, come si chiamavano, nei secoli passati, certi componimenti musicali estrosi e fantasiosi, vagamente umoristici…
Piace poi ricordare che, paradossalmente, le Operette morali di Leopardi – molto criticate dalla Chiesa – finirono, una volta pubblicate, sullo Scaffale XXI della immensa biblioteca privata, a Recanati, del padre del poeta. Paradossalmente, era quella la sezione dedicata ai libri scandalosi, ai libri proibiti.