Se il gatto non graffia…

Sipario

[img_assist|nid=5839|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]UDINE - Il gatto in tasca è la traduzione italiana del motto francese Chat en poche che significa prendere una cosa a scatola chiusa (cosa che, evidentemente, andrebbe evitata in qualunque caso!). Il secondo vadeuville nella carriera di Georges Feydeau (scritto a 26 anni!), è la nuova produzione della Contrada-Teatro Stabile di Trieste in un riadattamento firmato da Roberto Lerici e diretto da Francesco Macedonio.

La commedia, scritta verso la fine dell’ottocento e in attesa di essere portata in tournée il prossimo anno in tutta Italia, è stata testata in alcune date nel nord Italia per toccare le reazioni del pubblico e limare imperfezioni nei tempi comici, aumentando nel contempo l’affiatamento tra i protagonisti.

La trama: nella loro casa di campagna, Monsieur Pacarel (Antonio Salines) e la moglie Marta (Francesca Bianco) ospitano due amici di famiglia: il dottor Obitor (Gianfranco Saletta) e la consorte Amandina Ariella Reggio). Pacarel, incolto quanto simpatico padrone di casa, arricchitosi con la fabbricazione di zucchero per diabetici, si mette in testa di dare lustro alla famiglia facendo rappresentare al famoso Teatro dell’Opéra di Parigi un Faust” che la figlia, sedicente scrittrice, ha da poco composto. Per riuscire nel suo intento, Pacarel ordisce un fantasioso ricatto: poiché il Teatro dell’Opéra sta cercando di scritturare il tenore più famoso del momento, Defalsette (Gianluca Guidi), egli intende anticipare questa mossa ingaggiando personalmente l’artista; sarà in cambio di quest’ultimo che chiederà all’Opéra di rappresentare il lavoro della figlia. Ma non si deve mai comprare a scatola chiusa: ad arrivare infatti in casa Pacarel, per una serie di incredibili equivoci, non sarà il celebre tenore, bensì un giovanotto che porterà grande scompiglio sia nella famiglia di Pacarel che in quella di Obitor.

Sulla carta una commedia degli equivoci dalle premesse scoppiettanti, risolta in modo inaspettatamente fiacco e ripetitivo. La compagnia dovrà lavorare ancora tantissimo qualora voglia ottenere un qualche successo che, l’altra sera, al Giovanni da Udine non ha (meritatamente) avuto. Risate ce ne sono state, ma mai convinte, per due ore prive di battute che lasciano il segno. Gags senza nerbo, stile datato, divertimento pressoché nullo, anzi tanta irritazione per un materiale e degli attori sprecati: si nota che sotto questo fallimento c’è della ottima qualità attoriale, che fatica a emergere nella confusione generale. Che delusione sentire l’eco del nulla rimbombare in un teatro tristemente vuoto.