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Udine: per tre giorni città del confronto e dell’accoglienza nel segno del Dalai Lama

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[img_assist|nid=11251|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]UDINE - È stato accolto in Italia quasi con una sorta di timore, ma Udine e tutta la sua comunità non hanno esitato a tributargli il giusto onore e ad ospitarlo con i riguardi che meritava. Sì perché, riconosciuto o meno, il Dalai Lama (letteralmente Maestro Oceano, cioè Oceano di Saggezza), al secolo Tenzin Gyatso (vero nome Lhamo Dondrub, classe 1935), è un Capo di Stato nonché la massima autorità religiosa del popolo tibetano. Senza contare che nel 1989 è stato riconosciuto a livello mondiale con un premio Nobel alla Pace.

Uomo colto con una forte passione per le Scienze, dal 1959 è costretto all’esilio in India a causa della terribile invasione cinese del Tibet; da quasi cinquant’anni cerca una mediazione pacifica con la Cina per il ritorno del suo popolo nei territori che gli spettano e gira ogni angolo della Terra per sensibilizzare alla sua causa e diffondere la sua umile, ma enorme qualità umana.

Il Friuli è riconoscente per la preziosissima testimonianza che Sua Santità ha voluto regalargli -ha dichiarato il sindaco Cecotti- in quanto anch’essa Terra di conquista e resistenza per garantire la propria specificità; una testimonianza in cui parole e azioni si fanno carico non di forza violenta, ma del solo potere del dialogo.Insomma non poteva esserci modo più appropriato per festeggiare la giornata mondiale dei diritti dell’uomo e la ricorrenza del conferimento del premio Nobel per la Pace ad Al Gore.Il Lama, nel suo intervento a Udine, ha espresso i quattro punti che vuole portare a termine nel mandato terrestre: la promozione dei valori umani (come la compassione), la comprensione nel dialogo interreligioso, lo sviluppo delle popolazioni e il ritorno dei tibetani nelle terre espropriate. Ci ha inoltre esortati ad impegnarci individualmente nello sviluppo di questi punti e nel proporci in modo più gentile agli altri perché il primo passo per cambiare le cose deve essere il nostro, quello individuale, che poi si estende a ciò che ci è vicino. La nostra vita è basata sulla speranza: sul futuro e su noi stessi. Avere un approccio ottimista e sereno, ricco di valori umani, è un punto di partenza per i miglioramenti e per l’equilibrio fisico, mentre il pessimismo blocca l’azione e provoca stati mentali disturbanti.

Uno dei punti più sottolineati in questi giorni è stata l’importanza attribuita alla realizzazione personale e alla nostra autodeterminazione: ciascuno di noi è il proprio maestro ed è una persona autonoma e indipendente che deve risvegliare la propria mente dall’oscurità dell’ignoranza, approfondendone la conoscenza seguendo i tre elementi della teoria buddista: scientifico, filosofico, spirituale (pratica).

Sua Santità si è soffermato anche sulla religione, ricordando come il Buddhismo sia in realtà una filosofia di vita che oltretutto insegna a rispettare gli altri credo e a ritenerli fonti positive di insegnamento (le qualità umane prescindono dalla[img_assist|nid=11252|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=640] religione); ogni religione è connaturata, quasi un elemento biologico, al popolo che la possiede. Non ci sono religioni migliori o peggiori, ma solamente quelle più appropriate alle diverse civiltà. È inutile e dannoso promuovere una conversione forzata, tutti dobbiamo seguire il nostro flusso e mantenere la fede originale, che comunque avrà anche molti principi comuni del buddismo (amore, rispetto,…).

Un insegnamento, quello del Dalai Lama, volto a farci capire ancora una volta l’importanza degli affetti e dell’amore per il prossimo: ma quanto dovremo ancora farcelo ripetere prima che la nostra avidità (stupidità) venga messa in secondo piano?

Tutti vogliamo sperimentare le gioie ed evitare le sofferenze. Se noi facciamo qualcosa per danneggiare gli altri porteremo delle sofferenze anche a noi stessi e così se facciamo del bene staremo meglio anche noi. È la legge causa-effetto. Per raggiungere la felicità alcuni si rifugiano nel materialismo, nell’accumulo di soldi, della conoscenza… ma questa rincorsa al vacuo non è la vera risposta alla felicità; tutti siamo nati da una madre e siamo sopravvissuti con il suo latte e cresciuti con le sue cure. La verità è che noi sopravviviamo per l’affetto degli altri; alla base del nostro vivere c’è un elemento biologico, non teologico: la richiesta del bene e dell’amore.