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Al Malibran Mario Venzago dirige musiche di Ambrosini/Gabrieli, Nono e Bruckner

VENEZIA - Sabato 10 gennaio 2009 alle ore 20.00 con replica domenica 11 alle 17.00 il direttore svizzero Mario Venzago dirigerà al Teatro Malibran il terzo concerto dell’Orchestra del Teatro La Fenice nell’ambito della Stagione sinfonica 2008-2009. Il programma si aprirà con la prima esecuzione a Venezia di Canzon XIII - Canzon I - Sonata XIX, la trascrizione per grande orchestra di tre brani di Giovanni Gabrieli tratti dalle raccolte del 1597 e del 1615, che Claudio Ambrosini preparò nel 1998 su commissione del Festival Milano Musica. Alla rilettura delle sonorità rinascimentali proposta da Ambrosini seguirà un’altra originale rilettura, quella delle sonorità della musica elettronica operata nel 1984 da Luigi Nono in A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili per orchestra a microintervalli, tentativo di trasferire nella scrittura orchestrale le metamorfosi sonore tipiche del live electronics. La seconda parte del concerto sarà invece interamente dedicata alla Sinfonia n. 3 in re minore WAB 103 di Anton Bruckner, proposta nella versione definitiva del 1889 (secondo l’edizione critica curata da Leopold Nowak). La pomeridiana di domenica 11 rientra nelle iniziative «La Fenice per la città» e «La Fenice per la provincia», rivolte ai residenti nel comune e nella provincia di Venezia in collaborazione con le Municipalità del Comune di Venezia e gli URP della Provincia. Commissionato dal Festival Milano Musica nel 1998 per l’Orchestra della Scala – dove è stato presentato per la prima volta sotto la direzione di Riccardo Muti, dedicatario –, il lavoro di trascrizione operato da Claudio Ambrosini su tre brani di Giovanni Gabrieli disposti a mo’ di concerto (la festosa Canzon XIII dalle Sacrae symphoniae del 1597, l’intima Canzon I dalle Canzoni et sonate del 1615 e la luminosa Sonata XIX anch’essa dalle Canzoni et sonate) rappresenta un ammirato tributo del compositore contemporaneo alla musica veneziana del Rinascimento, fucina di sperimentazioni di stupefacente modernità. Rinunciando in partenza a riprodurre gli effetti di spazializzazione sonora tipici della «spezzatura» rinascimentale, Ambrosini considera la trascrizione come un mezzo per rendere tangibile la distanza temporale che ci separa dall’antico, e immerge le note di Gabrieli in una sorta di fuga prospettica acustica (e storica) costituita di colori, risonanze e ombre resi possibili dall’uso di un’orchestra assai ricca e variegata e da un’invenzione timbrica ma anche melodica che si aggiunge con discrezione ma determinazione a quella gabrieliana. Si alternano così momenti in cui si tenta una ‘verosimiglianza’ con l’originale a momenti in cui i suoni del passato giungono ‘velati’, come visti attraverso una nebbia o un vetro colorato, in cui la luce di Canaletto o Tiepolo diventa quella indefinita di Turner. Scritto nel 1984 su commissione di Hans Zender per la Filarmonica di Amburgo, A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili rappresenta un momento di svolta nel percorso artistico di Luigi Nono, che dopo aver considerato per anni il live electronics come lo strumento ideale per garantire la trasformazione continua dei suoni tentò in questa composizione di trasferire nella scrittura orchestrale le metamorfosi sonore tipiche di quella tecnologia. L’insolita idea di suono orchestrale che sta alla base della partitura (e che deriva dal suono elettronico) si basa su textures di microintervalli compresse intorno a due soli suoni, il do e il mi bemolle, che nella notazione alfabetica tedesca corrispondono alle iniziali di Carlo Scarpa, architetto e designer veneziano (1906-1978) e grande amico del compositore. Deviazioni infinitesimali di intonazione spinte fino all’utopia dell’indiscernibile, sottilissime gradazioni dinamiche, estrema differenziazione dei modi d’attacco, uso parsimonioso del grande organico orchestrale alla ricerca non di effetti di massa sonora, ma di metamorfosi armoniche e timbriche di aggregati quasi cameristici, producono una partitura quasi afasica, spoglia, rarefatta, nella quale ogni discorso musicale scompare e il tempo sembra sospeso. Un lavoro che ha il respiro di un requiem in memoria dell’amico architetto, celebre per la sua attenzione ai dettagli, affascinato dai piccoli spazi, dai piccoli edifici, sempre attento al contenuto espressivo, emotivo del suo lavoro. Completata nel dicembre del 1873, ispirata e dedicata a Richard Wagner, la Terza Sinfonia di Anton Bruckner ebbe una storia compositiva fra le più travagliate: giudicata ineseguibile dagli orchestrali della Filarmonica di Vienna, fu radicalmente rivista dall’autore fra il 1874 e il 1877 ed eseguita per la prima volta a Vienna nel dicembre del 1877 fra i fischi del pubblico e l’ammirazione di pochi entusiasti fra cui Mahler. Rivista ancora una volta fra il 1888 e il 1889, accorciata e resa più fluida nell’orchestrazione, la Terza Sinfonia si contraddistingue anche in questa terza e definitiva versione per lo stile monumentale e l’intonazione eroica, fatta di gesti plastici e muscolosi e di forti contrasti, sia sonori che stilistici, che permeano i quattro movimenti, tutti in re minore salvo l’Adagio, in mi bemolle maggiore. Mario Venzago, nato a Zurigo, ha compiuto i suoi studi musicali, dedicandosi inizialmente al pianoforte, al Conservatorio e all’Università della sua città; ha poi completato gli studi di direzione d’orchestra con Hans Swarowsky a Vienna. Dirige regolarmente le più importanti orchestre internazionali, tra cui Filarmonica della Scala di Milano, Berliner Symphoniker, Gewandhausorchester di Lipsia, London Philharmonic Orchestra, Orchestra Sinfonica di Birmingham, Münchner Philharmoniker, Bamberger Symphoniker, Orchestra di Göteborg, BBC London, NHK Symphony di Tokyo, Royal Scottish National Orchestra, nonché numerose orchestre statunitensi, come quelle di Boston e Philadelphia, ed è regolarmente invitato a importanti festival, tra cui quelli di Salisburgo e Lucerna. È attualmente alla sua sesta stagione come direttore musicale della Indianapolis Symphony Orchestra; durante le ultime stagioni ha avuto incarichi stabili alla Baltimore Symphony Orchestra, alle Orchestre di Göteborg, Malmö, Basilea, Graz, Heidelberg, Winterthur, Lucerna, all’Orchestra Nazionale Basca, all’Orchestre de la Suisse Romande di Ginevra, alla Deutsche Kammerphilharmonie di Francoforte. Attivissimo in campo discografico, ha ottenuto numerosi prestigiosi premi tra cui il Diapason d´or, il Grand Prix du Disque per due volte e l’Edison Prize. Tra le numerosissime incisioni si segnala l’opera completa di Schumann con la Sinfonica di Basilea, Penthesilea di Othmar Schoeck, l’opera corale completa dello stesso autore e le sinfonie di Luigi Nono.