Error message

Il file non può essere creato.

Indovina chi viene a cena, quarant’anni di ipocrisie mai superate

Sipario
[img_assist|nid=11500|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]Gemona del Friuli (UD) Indovina chi viene a cena è certamente uno dei film più amati della storia del cinema. Molte le critiche che gli possono essere mosse, perché la sceneggiatura di William Arthur Rose (Oscar) addolcisce troppo le scottanti tematiche e calca la mano sul romanticismo della vicenda, ma è innegabile come la storia sia stuzzicante e faccia breccia soprattutto grazie alla brillante e appassionata interpretazione di star del calibro di Katharine Hepburn, Spencer Tracy, Sidney Poitier.

Rose, nelle sue pagine, catturò con furbizia e genialità di scrittura i nascenti moti cultural-rivoluzionari, inserendoli nella sempre più attuale frattura tra il mondo dei genitori e quello dei figli, e lo fece in punta di penna, risvegliando curiosità in ogni tipo di spettatore (ognuno si può ritrovare in qualche personaggio) senza mai traumatizzarlo più di tanto (tutti alla fine capiscono e accettano il linguaggio universale dell’amore).

Una commedia già piuttosto teatrale, che è stata trasportata sul palco dalla fresca mano registica di Patrik Rossi Gastaldi. Abile nello sfruttare lo spazio scenico senza troppe ripetizioni o sovrapposizioni, giocando e giostrando le scene con i giusti tempi (ora comici, ora drammatici) e con un ottimo uso delle luci. La partita più pericolosa da vincere era, visto il confronto con i predecessori cinematografici, la scelta dei protagonisti; scelta rivelatasi non solo vincente, ma a tratti emozionante oltre ogni aspettativa. Gianfranco D’Angelo, affrancatosi dal suo passato comico (indimenticabile mattatore di glorie televisive del passato televisivo come Drive-In), dimostra superba disinvoltura nel passare da un registro all’altro, non rinunciando ad eleganti e pertinenti rimandi alla sua[img_assist|nid=11501|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=427] precedente carriera. Ivana Monti, vera signora di raffinata tecnica, è sempre veritiera nel tratteggiare con pochi accenni caratteri e istinti (più o meno trattenuti) della moglie. Bravi i due figli (tra i quali riconosciamo Lidia Cocciolo, una ex amica di Maria De Filippi: bella, vivace, allegra), ma un plauso va sicuramente concesso alla coppia di colore che offre un’interpretazione semplicemente magnifica, orgogliosa e dalle infinite sfumature (Mari Hubert, che attrice superlativa!).

Concludendo, è stata sicuramente una bellissima serata di teatro, ricca di conferme, sorprese e mal celate emozioni (divertente e non di rado realmente commovente).
Prima dell’inizio abbiamo incontrato il protagonista, Gianfranco D’Angelo, per fare qualche riflessione insieme:

 

Connessomagazine.it: - Gianfranco, come mai la scelta di riprendere una commedia come Indovina chi viene a cena?

Gianfranco D’Angelo: - L’argomento, benché possa apparire superato, non è assolutamente risolto. Il problema del razzismo non è solo un fatto di colore ed esiste forse ancor più che quarant’anni fa. La commedia poi è in sé molto bella, derivando da un film e una sceneggiatura premio Oscar; noi l’abbiamo resa un po’ più scarna, adattata al teatro, resa in certi punti forse un pizzico più brillante, ma abbiamo rispettato il testo originale il più possibile.

 

Connessomagazine.it: - Quanto ci pensi prima di scegliere il soggetto da interpretare?

Gianfranco D’Angelo: - Molto. In questo caso la forza delle tematica e la fama del titolo hanno fatto la differenza. Non sempre però uno indovina. Oggi il teatro è una cosa molto difficile, la gente sta molto attenta prima di spendere, di uscire per andare a vedere uno spettacolo. Bisogna cercare di andare incontro anche ai desideri del pubblico, sebbene senza troppe concessioni. Accontentare la voglia degli spettatori dandogli un prodotto che stimoli, aiuti a riflettere; riproporre attualmente farse alla Feydeau è un atto fine a se stesso, il pubblico è più esigente di un tempo… non basta una porta che si apre e si chiude per creare l’equivoco: sì, ci si diverte, ma è superato, si rimane un po’ scontenti.

 

Connessomagazine.it: - … quindi il gusto della comicità è molto cambiato nel tempo…
Gianfranco D’Angelo: - E’ peggiorato, in certi casi, grazie alla televisione (come gusto e qualità); il pubblico ama divertirsi soprattutto in un periodo in cui nel nostro Paese succede di tutto… vuole essere alleggerito da questi pensieri quotidiani. Il divertimento perciò e’ la chiave giusta da dare, ma non sempre fine a se stesso, gratuito. Il prossimo anno porterò in giro una commedia di Neil [img_assist|nid=11502|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=483]Simon piuttosto dura, Un giardino di aranci fatti in casa, che racconta la storia di un padre depresso che abbandona famiglia e figli; una storia che mescola la levità alla sostanza e alla riflessione in un perfetto equilibrio. Il pubblico, quando uscirà dal teatro, si sarà divertito e sentirà di aver anche partecipato a qualcosa di più profondo, che l’ha fatto riflettere (semplicemente) sul quotidiano… sentirà insomma un appagamento e una soddisfazione più profondi!
 
Connessomagazine.it: - In passato hai fatto scuola con la tua comicità in tv; come mai la tua lezione sembra dimenticata, perché non è stata presa quale spunto per un ulteriore miglioramento? Perché tutto sembra più banale, inutile?

Gianfranco D’Angelo: - Guarda… questo io lo dovrei chiedere a te e tutti e due lo dovremmo chiedere a chi dirige la televisione. Non so dare una risposta, mi pongo la stessa domanda che mi fai. Tutto oggi viene giustificato con l’audience; se fai una trasmissione che ottiene i numeri che gli sponsor avevano messo sul contratto, qualsiasi sia la qualità, va bene altrimenti viene cancellata. E’ tutto senza pietà. Non so perché oggi, spesso, anche i talenti vengono dimenticati e si mandano avanti i bluff. Questo avviene sicuramente anche perché si sottovaluta il telespettatore; si pensa che arriva a casa, seduto in poltrona e gli puoi dire quattro cose e lui sorride, si distrae, non capisce… non e’ vero, anche le persone più semplici, anche quelle che magari non capiscono immediatamente, poi ci pensano e le capiscono! Io credo in quello che faccio e nel pubblico che viene a vedermi; cerco di essere prima di tutto onesto con me stesso per esserlo con loro.

 

Connessomagazine.it: - Qual è la cosa che ti viene in mente quando si chiude il sipario?

Gianfranco D’Angelo: - Il pubblico avrà gradito veramente? Fino a che punto il pubblico è stato contento di uscire per venire fin qui? Quali saranno i commenti sinceri che io non saprò mai? E’ un lavoro dove non ci si dovrebbe mai abituare, non deve mai diventare routine! Mi auguro che un attore, nella sua carriera, possa sempre essere diverso, che ogni sera possa dire mezza parola in più o in meno, con un’intenzione diversa. Recitare ascoltando la propria sensibilità del momento ti fa essere ogni volta diverso. Il pubblico non saprà mai dire nel particolare cosa è cambiato, ma la sensazione che arriva è ben diversa.