Error message

Il file non può essere creato.

Post-It, i frammenti della fine

Sipario

[img_assist|nid=11829|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]UDINE - Fine, morte, punto estremo delle cose. Inizia da qui, dall’epilogo di situazioni e persone, la performance teatrale Post-It del collettivo Teatro sotterraneo andato in scena al Palamostre di Udine sabato 26 gennaio, inserito nel programma del Css.

Una “fine” volutamente frammentata che, come un post-it attaccato e staccato subito dopo, dà vita a situazioni che terminano quasi immediatamente in modo sconnesso.

 Composizione e destrutturazione dell’esistenza umana anche attraverso gli[img_assist|nid=11830|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=425] oggetti che la compongono. Forte, infatti, la simbologia delle cose che, seguendo le linee rosse dello spettacolo, diventano protagoniste, punto di riferimento e sprigionano il senso della loro esistenza tra le mani degli attori che le rompono, le scartano, le usano, le vivono e poi le rimuovono.Il collettivo orizzontale di matrice fiorentina nato nel 2002, formato da Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri e Daniele Villa, non ha la velleità di trasmettere messaggi forti ma usa la contenutistica della messa in scena come momento di riflessione individuale dove, ciascuno può fermare il pensiero dove preferisce, dove sente e percepisce che lo spettacolo è anche parte di sé.

Un cubo di teli neri con delle fessure sulla realtà circostante è l’essenziale scenografia di Post-It. Persone che entrano ed escono continuamente dallo stage sviluppano frammenti di teatro, una sequenza di corti, legati da una logica sottile. Una metafora avvolta nel cellophane, fra funerali, trame di film, schiavitù tecnologiche, frattaglie e interiora che riproducono il sangue quotidianamente raccontato in modo asettico dai media. Una contemporaneità che fa sorridere per la contrapposizione tra la tragicità dei contenuti e l’inconsistenza di un linguaggio volutamente forbito. Un ritratto a tinte forti fatto di ironia trascendentale e cinismo del “circostante”, dove le venature di grottesco sottolineano concetti da catturare.

[img_assist|nid=11831|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=425]Non vogliamo trasmettere messaggi – raccontano i ragazzi all’unisono dopo lo spettacolo seduti, gambe incrociate, sul palco che li ha visti protagonisti per un’ora –, questa performance è nata da un’esigenza collettiva. Volevamo analizzare i vari tipi di ‘fine’, proponendo e spezzando, dando vita a un’azione non concretizzata. Non seguiamo schemi e lavoriamo molto sull’immagine. Il sorriso del pubblico è una conseguenza della nostra interpretazione ma non è ricercato. Non vogliamo essere imbrigliati in schemi particolari per questo cerchiamo di dare vita ogni volta a qualcosa di nuovo. Dopo il confronto diretto gli spettatori si portano a casa una domanda: Cos’è la fine?.