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Oche acerbe in fila

Stagione di Teatro Contemporaneo 2010/2011 del Teatro Aurora di Marghera

Venerdì 19 novembre 2010, ore 21:00

Prima regionale

con Rachele Bonifacio e Alessandro Quattro

drammaturgia e regia di Cosimo Lupo

scenografia Nicola Lamoglie
costumi Maria Barbara De Marco
luci Gianluca Castaldo

Oche Acerbe in fila è la storia di un naufragio, un dialogo comico tra una cinica commercialista e un suo cliente, ritrovatisi "all'interno di un essere vivente", un mammifero marino non meglio precisato.
Qui naufraga anche l'inconscio dell'uomo ipermoderno, alle prese con il problema dell'alterità.
Gli Italiani hanno un forte senso della famiglia e un debolissimo senso dello stato, una forte chiusura egocentrica e una debole apertura all'alterità socialista. Lo conferma il loro rapporto con le tasse. "Le tasse sono belle" disse tempo fa il ministro Padoa Schioppa, esponendosi ad un fuoco incrociato di insulti.
"Io lo appoggio" risponde Cosimo Lupo: "le tasse sono il principio dell'Alterità: mettere in condivisione, dare all'Altro, questo insopportabile e sconosciuto Altro, metà di quello che abbiamo: guadagni, idee, tempo".
Abituati come siamo ad assistere a spettacoli di denuncia dove l'unico sentimento veicolato è il rigetto della società, sembrerà interessante sentir parlare di quanto sia bello restare, "[...]perché ti fa crescere, ti costringe a fare delle scelte, a resistere alle tentazioni, a cadere e a redimerti". La passione per il viaggio, tra il parossismo deambulatorio e la bulimia dell'esperienza, serve solo a camuffare un reale bisogno di fuga.  "Oche acerbe in fila" ha debuttato al Teatro Mohole in forma di studio durante la stagione 2009/2010 all'interno del progetto "Il gioco della complessità".
"Per la seconda legge della termodinamica, tutto evolve verso l'entropia. Tutto: la nostra scrivania, la nostra casa, le nostre istituzioni, le nostre idee, i nostri rapporti umani. E questo inevitabile caos genera disagio, malessere che, cercando di uscire, di ex-premere, si appoggia ad un linguaggio, come per esempio il teatro. E a me questo proprio non piace. Il linguaggio serve a veicolare pensiero, non ad esprimere malessere.
Di fronte al male abbiamo due possibilità: la prima è urlare, colmi di impotenza e frustrazione, contro il mondo, le istituzioni, chi ci ha venduto la casa, chi non capisce le nostre idee, chi non ci ama, caricando la denuncia, l'antagonismo, la ribellione, eventualmente avanzando qualche proposta ingenua e adolescenziale, rifugiandoci nella facile emotività. Il risultato è che si sta sempre peggio.

La seconda è sostituire la parola male con la parola complesso e cercare un metodo per fare chiarezza nella complessità: organizzare il disordine senza però tendere all'ordine, che è dittatura e morte. E a questo punto urlare non serve e neppure servono le immagini emotive che tanto sono sempre piaciute al potere. Possiamo persino ridere o almeno sorridere.

Scheda Evento

Location:
Teatro Aurora - Marghera (VE)